Identifying Features (Sin señas particulares, 2020)

La recensione del film d’esordio della regista e sceneggiatrice messicana Fernanda Valadez, presentato in concorso al TFF38

Cristina Resa
3 min readNov 29, 2020

Sin señas particulares nasce là dove si incrociano culture, sguardi, storie, traumi. Là dove si tracciano confini e si erigono muri per separare, invece di passaggi per unire. Dove la solitudine si accompagna a un silenzio assordante e il paesaggio disorienta per la sua vastità, diventando espressione di un isolamento sociale, politico ed emotivo inumano e inaccettabile.

L’esordio della regista e sceneggiatrice messicana Fernanda Valadez, presentato in concorso al Torino Film Festival 2020 e vincitore del Premio Speciale della Giuria, è misurato, ma potentissimo.

Girato nella zone rurali di Guajanato, il film di Valadez ha il grande merito di dare voce ai dimenticati da quel cinema ambientato tra Messico e Stati Uniti che, negli anni, si è concentrato sui temi del narcotraffico e della corruzione di istituzioni e forze militari.

Sin señas particulares, sceneggiato da Valadez insieme a Astrid Rondero, sceglie di raccontarci questa storia dal punto di vista delle migliaia di persone scomparse in Messico ogni anno a causa di questi traffici: il Registro Nacional de Personas Desaparecidas y No Localizadas ne conta oggi 73.308. Di queste sparizioni, 71.678 sono avvenute dal 2006, anno in cui è iniziata la guerra ai cartelli della droga scatenata dall’ex presidente Felipe Calderón.

Dietro questi numeri ci sono nomi, volti, famiglie in attesa di risposte. Sono loro i protagonisti del film di Fernanda Valadez, che amplia il discorso iniziato dall’autrice nel 2014 con il cortometraggio 400 Maletas, con Mercedes Hernández nel ruolo di Magdalena.

Mercedes Hernández

In questo lungometraggio, Mercedes Hernández (in una straordinaria interpretazione fatta di silenzi, che gli è valsa il premio come Miglior Attrice al 38 TFF) è ancora una volta Magdalena. La donna ha visto il figlio Jesús (Juan Jesús Varela) partire verso l’Arizona in cerca di opportunità insieme al migliore amico Rigo. Tuttavia, nessuno dei due è mai giunto a destinazione.

A due mesi dalla partenza, il corpo di Rigo viene ritrovato e identificato grazie a una grande voglia sul volto. Di Jesús — sin señas particulares , “senza segni particolari” — non rimane nessuna traccia, se non una borsa rinvenuta in mezzo agli altri corpi. Le autorità vorrebbero far firmare alla donna una dichiarazione di morte del figlio e archiviare la sparizione. Magdalena, tuttavia, decide di intraprendere un viaggio verso il confine, sulle tracce del figlio.

Nel vedere Magdalena e gli altri personaggi che incontrerà — tra questi, Miguel (vagare come ombre per questi David Illescas), giovane costretto a rimpatriare dagli Stati Uniti — spazi maestosi, quando desolati, è difficile non pensare a una archetipica discesa negli inferi, lentissima e disperata. Una sensazione di desolazione amplificata dalla fotografia evocativa di Claudia Becerril Bules, il sound desing curatissimo di Omar Juárez e la colonna sonora tesa e nervosa di Clarice Jensen.

Nel corso del viaggio della donna, questo inferno si mostra via via in maniera sempre più nitida, mentre la stessa immagine perde invece i suoi contorni, in uno sfuocato e onirico flashback finale dalla spaventosa forza espressiva. E nonostante tutto questo, Sin señas particulares riesce a essere un film di rara delicatezza che rappresenta con profondo rispetto l’umanità di cui parla, senza spettacolarizzare mai il dolore. Valadez ci regala così una storia toccante sulla necessità di sapere e, soprattutto, di ascoltare.

Originally published at https://www.loudvision.it on November 29, 2020.

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Cristina Resa

Ho studiato quel genere di cose che negli horror fanno fare una brutta fine. Scrivo di cinema e libri.