Avengers: Endgame (id. 2019)

Cristina Resa
3 min readApr 24, 2019

Vendicatori, uniti! E noi insieme a loro. Perché per undici anni non siamo stati solo spettatori delle loro battaglie, ma abbiamo imparato a conoscerli. Li abbiamo visti cambiare, evolvere, crescere. Alcune delle loro storie ci sono piaciute più di altre, ma è indubbio che tutti questi eroi siano penetrati nel nostro immaginario tanto in profondità da diventare “amici” da ritrovare in quel grande schermo che si apre verso altri mondi, in cui è quasi sempre possibile intravedere un pezzo del nostro.

Nel 2008, quando uscì il primo Iron Man, forse non sapevamo nemmeno di aver intrapreso questo lungo viaggio insieme al genio, miliardario, playboy, filantropo Tony Stark (Robert Downey Jr.). In seguito, si sono uniti a noi Thor (Chris Hemsworth), Steve Rogers (Chris Evans), Natasha Romanoff (Scarlett Johansson), Bruce Banner (Mark Ruffalo), Clint Barton (Jeremy Renner) e tutti gli altri. Ma ogni viaggio, per essere tale, deve avere una destinazione. Quella destinazione è Avengers: Endgame.

Se Infinity War rappresentava una svolta per il Marvel Cinematic Universe, in grado di cambiarlo per sempre con un semplice schiocco di dita, Avengers: Endgame, diretto ancora una volta da Anthony e Joe Russo, è il film della presa di coscienza.

Ogni sopravvissuto viene, infatti, chiamato ad affrontare il proprio lutto, scendere a patti con quanto accaduto in seguito alle azioni di Thanos (Josh Brolin), trovare in sé la forza di reagire. A qualsiasi costo.

Proprio per questo, questo 22esimo film dell’MCU sembra decisamente il capitolo più disperato. Si tratta, tuttavia, di una disperazione diversa da quella frenetica che si percepiva nell’estenuante corsa contro il tempo di Infinity War. Il ritmo più dilatato di Endgame, che cresce in modo graduale nel corso dei suoi tre atti, passando da toni più drammatici a quelli della grande epica fantasy, riflette un intimo dolore presente in ogni linea di dialogo, in ogni gesto, persino nei momenti più comici, che comunque non mancano.

E malgrado questa diversa gestione dei toni e tempi e una riduzione del numero scene d’azione rispetto al film precedente, grazie alla sceneggiatura estremamente equilibrata di Christopher Markus e Stephen McFeely, alla regia solida a cui ci hanno abituato i fratelli Russo e a un ottimo e motivato cast, per 180 minuti la tensione emotiva non subisce cali, la noia non sopraggiunge mai.

Ma Endgame non è solo un film di intrattenimento funzionale e adeguato alle aspettative di uno spettatore ormai affezionato. È il risultato di un’operazione produttiva senza precedenti, che deve tutto alla lungimiranza e alla capacità di gestione del presidente dei Marvel Studios Kevin Feige. L’apice di un meccanismo narrativo che, nel passaggio da un mezzo a un altro, ha contribuito a creare un nuovo tipo di prodotto audiovisivo convergente, in grado di coniugare la capacità del cinema popolare di attrarre la fantasia delle masse, la natura seriale del fumetto, la facilità di condivisione di suggestioni culturali offerta dalle tecnologie digitali e le strutture del racconto epico-mitologico.

Da questo punto di vista, il film dei fratelli Russo sembra quasi una galassia in grado non solo di contenere, ma anche di armonizzare tutti i mondi creati da autori diversi, con sensibilità diverse, nel corso di questi undici anni. Un film-matrioska in cui confluiscono vari stili, registri e generi e che, a sua volta, gioca con essi, passando dal dramma all’heist movie, dalla fantascienza e all’epica, con estrema naturalezza. Soprattutto, un’opera che riesce a portare degnamente a compimento gli archi narrativi dei personaggi storici e a dare loro uno scopo. Chi, nel corso degli anni, ha amato questi eroi e li ha seguiti fino a qui, ne uscirà sicuramente soddisfatto.

Come cambierà il MCU da oggi in poi, non possiamo ancora immaginarlo. Per ora, sappiamo solo che la Fase Tre si chiuderà ufficialmente con Spider-Man: Far From Home. Dove ci porterà la Fase Quattro? La fine è parte del viaggio, ci dicono intanto. Generalmente la fine di qualcosa segna anche l’inizio di qualcos’altro.

Originally published at https://www.loudvision.it on April 24, 2019.

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Cristina Resa

Ho studiato quel genere di cose che negli horror fanno fare una brutta fine. Scrivo di cinema e libri.